Page 10 - Annali settembre
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E un dato in particolare merita attenzione: gli investimenti, già esigui,
          molto raramente sono tarati sulle esigenze reali del paese. Pertanto men-
          tre si intensificano i servizi offerti al Nord o nei grossi centri, resta irrisol-
          to il problema del Sud e delle periferie, il vero fulcro del problema, le pri-
          orità non individuate e non scelte in modo costante in questi ultimi anni.
          E, ci ricorda sempre don Milani, non c’è nulla che sia più ingiusto quanto
          far parti uguali fra disuguali.
             Se queste sono le scelte politiche, resta tuttavia una domanda impor-
          tante, che tocca da vicino tutti noi che di questi temi ci occupiamo per
          scelta o per vocazione. In questo scenario preoccupante, la cosiddetta
          società civile, l’associazionismo, il volontariato… cosa stanno facendo?
          È una domanda a cui rispondere con spietata onestà.

             Probabilmente facciamo troppo poco. Forse perché non siamo più
          capaci di stare con i poveri, dalla loro parte. Troppi distinguo, troppe pau-
          re, accecati da un bisogno costante di sicurezza costruiamo muri, can-
          celli, sistemi d’allarme, sistemi politici a volte.
             Forse non siamo capaci di stare con i poveri perché non riusciamo a
          incasellarli, ad ordinarli nei nostri schedari, ben divisi per categorie: stra-
          nieri o italiani, disoccupati, carcerati, ragazze-madri, tossici, immigrati,
          ma non c’è verso. Non stanno fermi. Non si lasciano studiare, vivisezio-
          nare, sgusciano via dai vetrini del nostro laboratorio sociale, si spostano,
          cambiano numeri, facce, storie. Partono, tornano, si riproducono, urlano
          o tacciono, muoiono a volte.

             A volte non siamo capaci di stare con i poveri perché non ci fanno
          guadagnare abbastanza. Eppure grazie a loro abbiamo costruito fonda-
          zioni ed associazioni, partecipato a bandi e finanziato iniziative, ci siamo
          fatti un nome, un’immagine pubblica rispettabile, abbiamo costruito il no-
          stro podio sulle loro miserie e dall’alto di quel podio abbiamo smesso di
          guardare i loro occhi e i loro bisogni, abbiamo iniziato ad occuparci di noi
          stessi, dell’organizzazione da mantenere, dei soldi da recuperare.
             E ancora meno sappiamo stare con i ragazzi. I pochi spazi che il
          mondo adulto ha riservato loro sono quelli in cui sono considerati con-
          sumatori passivi di prodotti e di offerte di intrattenimento, nel migliore dei
          casi fruitori di qualcosa pensato da altri su loro e per loro. Dove posso-
          no trovare spazio e opportunità significative di crescita? In una politica
          che si è trincerata nel suo mondo dorato e combatte per tenere fuori tut-

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