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derna, noi stessi poniamo all’esigenza di silenzio, di raccoglimento, di ri-
flessione. Anche perché siamo un po’ schiavi della mentalità corrente,
cioè ci attendiamo una utilità immediata dalla preghiera.
È quasi un riscontro dell’impegno messo, come un registratore di
cassa. Non ci si può accostare alla preghiera con una mentalità mercan-
tile del dare e dell’avere: Signore ti do un po’ del tempo mio, Tu dammi
quello che mi serve.
Per pregare bene occorre non poca gratuità. Gratuità nei nostri con-
fronti, gratuità nei confronti del nostro gruppo. Quando prepariamo una
bella preghiera e ci diamo del tempo, facciamo un bel gesto di gratuità
all’interno dell’associazione, che sottolinea tre volte l’appartenenza. Pre-
gare non è utile, ma è bello.
È illuminante, è liberante e soprattutto ci modella su Cristo. Dobbia-
mo rivestirci dello spirito di Gesù Cristo. Il nostro Visitatore, qualche gior-
no fa passando da Genova, ci ha fatto risaltare una frase delle regole
antiche dei Missionari, in cui San Vincenzo dice che la piccola Congrega-
zione della Missione desidera, anela, brama imitare Gesù Cristo.
Questa è la partenza, e a voi cosa dice San Vincenzo fin dal regola-
mento di Chatillon o alle Figlie della Carità? Dovete onorare la carità, do-
vete onorare Gesù Cristo che è la carità stessa. Onorare non è un fatto di
parole, ma di preghiera e di azione, legati insieme. Si onora il Signore lo-
dandolo e servendolo nella persona dei poveri.
Quindi diamoci questa gratuità. C’è un altro aspetto. Trovare del tem-
po in mezzo ad un clima di silenzio. Silenzio, quello esteriore è già facile,
ma quello interiore è proprio difficile. Pensate che nel IV secolo Sant’A-
Liberami Signore dalla moltitudine
di parole di cui è pieno il mio cuore.
Non tace il mio cuore quand’anche
tace la mia bocca.
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